Aperto il Convegno con la relazione di Aristarco sull’opera del regista nella storia del cinema e della cultura

Fiesole, 27 giugno 1966

Da tempo si avvertiva la necessità di far uscire il discorso sui maestri del nostro cinema dalle colonne dei quotidiani e delle riviste specializzate, di svincolarlo dai ristretti limiti della cronaca immediata, di dare ad esso un respiro più ampio e meditato, di portarlo alla «luce del sole», ponendo a confronto direttamente e fisicamente le voci più diverse della critica cinematografica e letteraria.

Una operazione non facile, senza dubbio, che presentava più di un rischio: ma tutto ciò non ha impressionato né il Comune né l’Azienda autonoma del turismo di Fiesole che, in collaborazione con il Centro studi del Consorzio Attività Cinematografiche Toscane e con l’Istituto per l’Arte dello spettacolo ed il film, hanno promosso il Premio Città di Fiesole ai maestri del cinema italiano, assegnandolo, in questa sua prima edizione, a Luchino Visconti, ed hanno organizzato un convegno di studi dedicato all’opera del grande regista cinematografico è teatrale milanese. La premiazione è avvenuta questa sera al Teatro romano — per l’occasione è stato priettato il primo film di Visconti, Ossessione, del 1942 — mentre il convegno è cominciato questa mattina nell’aula consilare del Comune fiesolano.

Perché il premio a Visconti?

La spiegazione la si ritrova con chiarezza nella motivazione. A Fiesole si è voluto premiare per primo Visconti perché «negli anni più tristi per la cultura italiana, ed in particolare per la cinematografia, costretta nelle forme del più banale intrattenimento ed esaltazione retorica della dittatura e della guerra, ha saputo aprire un discorso nuovo, limpido e vigoroso, con il coraggio e la coerenza che sono solo delle grandi personalità». Detto questo il pensiero corre veloce verso Ossessione, un’opera che «presenta tutti i caratteri della maturità e della compiutezza artistica».

Con essa Visconti — e con lui coloro che parteciparono alla stesura della sceneggiatura del film — inseri «il cinema italiano nel vasto discorso di quello europeo è mondiale». Un premio per Ossessione? No, ma per tutta l’opera del regista milanese, un premio alla sua capacità di sapersi sempre rinnovare «pur rimanendo sempre se stesso».

Abbiamo citato alcuni passi della motivazione del Premio per dare un quadro d’insieme delle ragioni e dei fini della manifestazione fiesolana, puntualizzaro storicamente o culturalmente l’attirità e l’opera di Visconti e — negli anni successivi — degli altri maestri del cinema italiano.

Si è detto del Premio, ritorniamo ora al Convegno. Esso è stato aperto dal sindaco di Fiesole, Latini, e dal professor Molinari, del Centro studi del Consorzio Attività Cinematografiche.

Poi la relazione introdutiva del critico Guido Aristarco «L’opera di Visconti nella storia del cinema e della cultura italiana». Aristarco ha affrontato con serietà e secrupolosità il tema, offrendo uno studio attento e meditato dell’opera di Visconti, uomo di cinema ed uomo di cultura. Aristarco ha rilevato come Visconti, inserendosi nella linea più viva della tradizione culturale italiana e mondiale, sia riuscito a sprovincializare il nostro cinema già negli anni che preludevano alla caduta del fascismo. «Per quanto riguarda il suo esordio — ha soggiunto Aristarco — va sottolineata anzitutto una sua concomitanza con Pavese, piuttosto che con il cinema in Francia fra le due guerre, con Renoir in particolare. In altri contesti abbiamo visto come Ossessione venga ad occupare un posto preciso, oltre che nel cinema, nella cultura italiana di allora, accanto al Vittorini di Conversazione in Sicilia, al Bernari di Tre operai, a Moravia, al Bilenchi del Capofabbrica, alla prefazione di Pintor, al Pisacane del Saggio sulla rivoluzione e soprattutto, e per l’appunto, al Pavese di Paesi tuoi.

Dopo aver tracciato un panorama della genesi e dello sviluppo della tematica, del linguaggio e dei personaggi delle opere cinematografiche di Visconti, Aristarco ha sottolineato come proprio nella esigenza di darsi una prospettiva di scoprire il «dove » e il «donde», la provenienza e la direzione dei suoi protagonisti, nel porre e articolare i problemi. Visconti approdi per primo in Italia, e già con La terra trema, al realismo scegliendo, nell’alternativa «descrivere o narrare », quest’ultimo metodo artistico. Aristarco ha ripreso un parallelo a lui caro: il parallelo Visconti Thomas Mami. Per Aristarco, Visconti, come Mann, e un «borghese» del suo tempo nell’accezione marxiana, il quale «ha preso coscienza di sé e pone la propria attività e i propri personaggi ad un bivio». Anche il realismo, congeniale a Visconti, come a Mann, è quello «critico».

Il discorso a questo punto si allarga, oltrepassa il momento filmico e si inserisce con prepotenza nel contesto di tutti i fenomeni culturali del nostro tempo. E ciò è quanto ha cercato di fare nella sua relazione saggio Guido Aristarco, analizzando con acutezza e ricchezza di riferimenti ogni aspetto dell’opera cinematografica di Visconti, nel quale «convergono — egli ha affermato — e vivono elementi contrastanti è contraddittori, antitetici, che sono nella sua natura non solo di artista, ma anche di uomo».

Il Convegno è proseguito con le relazioni di Pio Baldelli e di Ferruccio Marotti, i lavori riprenderanno domani mattina e si concluderanno mercoledì pomeriggio.

Carlo Degl’Innocenti