Le esigenze di Un tram che si chiama Desiderio sono incredibili. Il regista Visconti e l’autore Williams hanno stabilito la linea Roma-New Orléans
Roma, febbraio 1949
Un bel giorno Luchino Visconti s’è deciso. Esisteva in America è precisamente a Broadway una commedia che aveva molto successo e uno strano titolo Un tram che si chiama Desiderio. L’autore: Tennessee Williams, lo stesso di Zoo di vetro. Allora il regista ha letto la commedia, l’ha fatta tradurre da Gerardo Guerrieri ed è andato a Campo de’ Fiori, a Piazza Navona (durante la sera dell’Epifania), e ad altri mercati del genere. Ma quello de’ Fiori è stato il suo vero campo di battaglia. L’ha girato in lungo e in largo, l’ha svuotato come un sacco, l’ha rivoltato, l’ha controllato minuziosamente. Cercava tra le montagne di letti, i cumuli di utensili, di mobili, di vetri, di mattonelle, di tute, di stracci, di candele, di borsette, cercava New Orleans, la città del sud, negli Stati Uniti. Sud come Marsiglia e sporca, traffichina, portuale, losca, come Marsiglia. Dunque per giorni e giorni Visconti ha girato per Campo de’ Fiori; ha trovato il letto, la veste a fiorami, la tuta per Gassman, le mattonelle, le tavole, l’armadio, la borsa per la Morelli, camicie a quadri, lampade, lampioncini e tutto il resto. Ed è nato così un quartiere di New Orleans sul palcoscenico. Roba vecchia, pochi soldi, e la miglior regia di Luchino Visconti.
Tutti gli attori sono stati messi sotto il torchio; Luchino parlava di quella città come se vi fosse nato, parlava di quella gente, dei personaggi come suoi vecchi conoscenti. Lunghissime prove, snervanti (lo spettacolo dura più di tre ore); molta Coca Cola, casse intere sul palcoscenico. Chili di carne perduti da tutti gli attori. Chi ha sofferto di più è stata la Morelli, dimagrita in un mese in un modo impressionante. (Nella commedia c’è, ad un certo punto, una battuta rivolta alla Morelli che dice: « E tu quanto pesi? ». Durante una rappresentazione un giovanotto dalla galleria ha risposto: « Dieci chili ». Urla in teatro, giovanotto zittito e applausi all’attrice).
E durante le prove era presente anche l’autore, un giovane signore tarchiatello baffi biondi occhi chiari. Rideva sempre (il lavoro è drammaticissimo). Questo impressionò alquanto i presenti. « Ma Williams sa di aver scritto un dramma » disse qualcuno « o pensa di aver scritto una farsa? » Williams intanto rideva, e contento applaudiva e s’alzava sulle poltrone e ripeteva le battute in inglese a memoria e si complimentava. Ma sopratutto rideva. Rise quando Luchino Visconti insegnò un gesto sconcio alla giovane Luisa Rossi. Per tre giorni Luisa si chiese cosa significasse quel gesto che faceva ridere tutti e che trovavano così efficace. Alla fine fu deciso di renderla edotta, e soltanto dopo che la ragazza l’aveva imparato alla perfezione.
Implacabile Visconti, minuzioso, insopportabile ha costretto per giorni ad un tour de force che alla fina ha avuto un premio meritato.
Sera della « prima ». Tutto il mondo teatrale, cinematografico, artistico della capitale. Nelle poltrone l’onorevole Togliatti immobile, attento, silenzioso. Anna Magnani coperta di veli e di pelliccia: « ‘Mbè quella poteva venì a Roma, nun impazziva », sembra che abbia detto alla fine « Nannarella National ». C’erano tutti, a convegno. Per tre ore a vedere Blanche du Bois da quando arriva a New Orleans col tram chiamato Desiderio a quando la portano al manicomio, leggera e remissiva, dopo aver ascoltato il suono limpido delle campane del quartiere. Tutti silenziosi, anche Tennessee Williams nella platea. Ad un certo punto più di qualcuno ha tossito; ai disturbatori innocenti da più parti è stato imposto il silenzio. Williams che non conosce la lingua e le abitudini italiane, s’è alzato di scatto ed è sgusciato fuori impaurito. Nel ridotto ha incontrato il regista Guerrieri il quale gli ha chiesto perché scappava. « Sembra che il mio Tram non piaccia. È un fiasco mio amico » ha detto tristemente.
Ma non è stato un fiasco. Trentasei chiamate alla fine del terzo atto (i maligni dicono trenta per Visconti e sei per l’autore). Però non sarà così: questa commedia ha vinto il Premio Pulitzer 1948 ed è da due anni sul palcoscenico di Broadway per la regia di Elia Kazan).
E per tre ore più volte passa assordante il Tram e quasi sempre un complesso ritmico suona dietro le quinte. Fa parte dello spettacolo.
È stato proibito assolutamente agli estranei di scoprire il retropalco, oltre le quinte, i fondali, la casa misera di Kowalski. C’è da sbalordire. Scatole, scalette, strumenti musicali, una bombola d’ossigeno (il fischio del tram), un disco (il tram), una grossa latta con ferraglie (agiata, rivoltata, ammaccata da dieci forsennati, quando fischia la bombola); e casse, casse di bottiglie rotte, di vetri, di Coca Cola. Il tutto per avviare, alimentare e concludere la pazzia di Blanche du Bois. E un intrigo di fili, di riflettori, di lampade, come se fosse, non un palcoscenico, ma uno studio cinematografico.
Vittorio Gassman rompe in media 5 bottiglie a sera; una sola la Morelli. Qualche bottiglia è volata sul pubblico. Vengono accese ogni sera 20 candeline. Almeno 100 sigarette sono accese in scena durante uno spettacolo. Nella lotta anche i vetri si frantumano. Una sera sì e una no. Venti bottiglie di Coca Cola per sera si consumano. E così via. Ma tutto è fatto con un ritmo impressionante; tutto eguale ogni sera, e ogni sera gli attori si inchinano almeno dieci volte alla fine dello spettacolo al pubblico convinto.
Chi non saprà mai dove sono finiti quegli indumenti a fiorami, i ventagli, le tute, la borsetta e il letto sottile, saranno quelli di Campo de’ Fiori, di Piazza Navona, di Piazza Vittorio. Essi continuano a vendere la loro merce senza sapere di aver trasportato un quartiere di New Orleans a Roma. Visconti li ha stregati.
Gian Domenico Giagni
(Bis)