Brochure del film Tosca
Brochure del film

25 agosto 1940. Prossimamente alla Scalera: Tosca, che sarà iniziata alla fine di agosto; regia di Carl Koch; interpreti: Imperio Argentina, Rossano Brazzi. Sabato scorso è giunta in aereo dalla Spagna Imperio Argentina, la notissima attrice spagnola passata dal varietà al cinema. Una delle ultime interpretazioni da ricordare è Morena Clara, diretto in Spagna da Florian Rey. Recentemente è stato proiettato in Italia Marocco.

Roma, novembre 1940. La  Tosca verso l’epilogo. Si sta girando da alcune settimane, ed il fatale epilogo si avvicina. Si sono girate le scene di gelosia di Tosca con la marchesa Attavanti, e con Imperio Argentina, attrice spagnola dai piedi alla testa alle midolla, è riuscita una Tosca insuperabile. Si sono girate le grandiose scene della Processione con oltre 200 comparse, in una accuratezza di costumi veramente commendevole, che non darà davvero appiglio alla critica, specie la nostra, che in certe cose è cosi feroce. E i cantori sono quelli stessi della Cappella Sistina!
Processione imponente. Quella che abbiamo visto era una prova. Quella definitiva, chi se ne intende assicura essere qualche cosa di superbo e di perfetto.
La Processione è preceduta dai gendarmi in grande uniforme, che apre la strada fra la moltitudine orante. Vengono poi le confraternite, i Frati Francescani, il masciere, la Croce e i chierici con accoliti; indi i Sacerdoti con i ceri e dietro a questi i diaconi, suddiaconi e preti con paramenti di rito; quindi il cerimoniere, ancora i chierici con i turiboli che precedono il baldachino sorretto dai nobili in parrucca bianca. Sotto questo il Cardinale celebrante, il diacono, il sudiacono.
Magnifici paramenti dell’epoca. Per dare un’idea della grandiosità di questa scena e della verità posta in ogni particolare citeremo il costo di un solo piviale completamente ricamato d’oro zecchino che ammonta a 300.000 lire.
Queste singolarissime scene sono state riprese da più macchine nello stesso tempo. Una era situata sul grande carrello aereo, altre due su uno dei terrazzini della chiesa. Mentre ha luogo la Processione entra in Chiesa Scarpia: il suo ingresso si nota per l’autorità della figura alla quale l’arte di Michel Simon ha trovato la giusta misura creando uno Scarpia imponente e terribile. Il film ha altre prerogative d’eccezione. Imperio Argentina ha il dono del canto, e quindi riesce una personificazione superlativa di Tosca, cantante, come ognuno sa, famosa. Si rimane soggiogati a sentire Argentina cantare, accompagnandosi alla spinetta, nell’uccelliera, una romanza del ‘700. Mentre scriviamo seggono le riprese di casa Cavaradossi, e la scena della tortura a cui questi è da Scarpia sottoposto.
Ecco i dati di lavorazione:Produzione: Scalera-Era Film; direttore di produzione: Arturo Ambrosio; soggetto: tratto dal libretto di Sardou; costumi Gino Sensani; musica Giacomo Puccini, operatore Ubaldo Arata, regia Carl Koch, Interpreti Imperio Argentina, Michel Simon, Rossano Brazzi, Adriano Rimoldi, Carla Candiani, Massimo Girotti.
Nota: Le arie dell’opera di Tosca, libretto G. Giacosa, L. Illica, musica di Giacomo Puccini, sono cantate da Ferruccio Tagliavini e Mafalda Favero. Nei titoli di credito del film Luchino Visconti figura come aiuto regista. Secondo alcune fonti, la sceneggiatura sarebbe di Jean Renoir e Karl Koch, secondo altre, Alessandro De Stefani e Luchino Visconti. 

Recensione, febbraio 1941. Ed eccoci, con Tosca, in pieno melodramma. Voi sapete naturalmente chi era Tosca: una donna che cantava per un nonnulla e amava alla follia un cavaliere, il quale aveva la sventura di chiamarsi Cavaradossi. Quando un uomo si chiama Cavaradossi, non può aspirare ad una vita tranquilla. Il suo tragico destino si può dire che si legga tra una sillaba e l’altra del suo cognome.
Comunque Cavaradossi ama Tosca e Tosca ama, a sua volta, tra un acuto e l’altro, Cavaradossi.
Tutto bene, allora? Neanche per il cavolo!
Perché Cavaradossi, a parte il fatto che dipingeva bruttissimi quadri, era persino giacobino e si divertiva ad aiutare i compagni giacobini evasi da Castel Sant’Angelo.
La qual cosa non entusiasmava eccessivamente Scarpia (che razza di cognome!) prefetto di polizia, il quale era un uomo tutto d’un pezzo, subdolo e diabolico, come tutti i prefetti di polizia dell’epoca.
Cosa succede ora? Succede che il conte Angelotti fugge da Castel Sant’Angelo e va a nasconderai proprio nella chiesa in cui Cavaradossi dipinge. Il pittore giacobino vede Angelotti, smette, con immensa gioia dei critici dell’arte, di dipingere e si da alla complicità. Egli infatti fa indossare ad Angelotti gli indumenti femminili che poco prima la bella sorella gli aveva consegnato e lo conduce con sé in una nascosta casa di campagna.Tutto bene, adesso? Riesce, dunque. il pallido conte Angelotti a sfuggire dagli adunchi artigli del subdolo prefetto di, polizia? Neanche per il cavolo!
Tosca, con quel simpatico senso di opportunità che tanto distingue le donne e che le fa essere, in certi momenti, cosi care, non trova nulla di meglio che cedere ad un attacco di gelosia e cadere opportunamente nel tranello tesole dal subdolo prefetto di polizia:
Essa, infatti, credendo che Cavaradossi se la spassi allegramente nel rifugio campestre con una donna, sale in carrozza e, ventre a terra, (i cavalli naturalmente, non Tosca) si precipita dall’amante, rivelando cosi a Scarpia che la seguiva in un’altra vettura il ben celato nascondiglio.
Quando poi si rende conto che nel rifugio non ci sono donne ma solo conti Angelotti si pente, e. come tutte le donne in simili occasioni, esclama: « Che sciocca! ».
Questa preziosa confessione non basta però a salvare il conte Angelotti e Mario Cavaradossi. Scarpia, infatti, arriva con tutti i suoi sbirri e, sottoponendo alla tortura Cavaradossi, riesce a far confessare a Tosca il nascondiglio ove si tiene celato il conte Angelotti.
S’ingaggia la lotta. Cavaradossi, il quale ha saputo che Napoleone ha vinto a Marengo si precipita da Angelotti e, tra una pistolettata e l’altra, gli comunica la bella notizia.
— Napoleone ha vinto a Marengo! — grida.
— E che mi frega! — risponde Angelotti. — Con i guai che sto passando, ho proprio il tempo per pensare a Napoleone!
Quindi soggiace, mentre Cavaradossi e Tosca vengono rinchiusi a Costei Sant’Angelo. La cantante, che ha compreso di essere stata lei la causa di tutto, va da Scarpia e lo supplica.
— Se salvo Cavaradossi — le risponde Scarpia — voi cosa mi date?
— Non saprei! — risponde Tosca. — Potrei darvi una copia con mobiletto dell’Enciclopedia Treccani.
— Non so proprio che farmene vuoi dell’Enciclopedia Treccani, vuoi del mobiletto.
— Allora potrei darvi una fotografia con autografo.
— La vostra fotografia con autografo mi fa sogghignare ironicamente.
— Ma allora si può sapere cosa volete?
Scarpia le denuda una spalla, quindi le mormora una parola all’orecchio.
— Porco! — esclama indignata Tosca.
— Come volete — risponde educatamente Scarpia. — Ma è l’unico mezzo per salvare Cavaradossi.
Tosca finge di acconsentire. Ma Scarpia, che è furbo di tre cotte, mormora tra sé e sé: «Visto che facciamo a fregarci, ci penserò io!». E, infatti, ordina che Cavaradossi venga fucilato.
— State tranquilla — dice a Tosca — verrà fucilato senza palle!
— Carnefice! — grida Tosca indignata. Poi comprende di che si tratta e commossa ringrazia Scarpia.
— E per quella cosa — chiede questi — come facciamo?
— Cosi! — risponde Tosca.
E gli vibra una ottima coltellata. Quindi, dopo aver composto il cadavere in una rudimentale camera ardente corre in terrazza per assistere alla fucilazione senza palle del suo amore. Ma le palle invece c’erano e a Tosca non resta che gettarsi da Castel Sant’Angelo, con grave disappunto dei Carmelitani Scalzi.
Il maggior pregio del film o Roma, una Roma fotografata con un’intelligenza ed un senso artistico eccezionali. Ubaldo Arata ha confermato di essere veramente uno squisito maestro dell’inquadratura. Egli ha saputo riprendere più che la bellezza, lo spirito e il senso di eterna grandezza della Roma di ogni tempo.
I difetti principali del film consistono nella superficialità con cui sono stati tratteggiati, qua e là, i caratteri e le passioni dei protagonisti. L’amore di Scarpia per Tosca viene reso evidente solo nell’ultima scena, la quale, appunto per questa sua subitaneità, per questa sua mancanza di preparazione, appare piuttosto illogica e piuttosto melodrammatica. La stessa cosa dicasi per la gelosia di Tosca non sufficientemente drammatizzata e sufficientemente portata a movente psicologico del dramma.
Data la materia, bisognava avere il coraggio di fare di Tosca una specie di film giallo, accentuandone il carattere drammatico e magari sviluppando sforzandoli quasi, tutti gli elementi romani, storie; e romanzeschi contenuti nel drammone di Sardou.
Imperio Argentina non è la Tosca ideale. Le manca la violenza e la passionalità. In certe scene appare fredda, in alcune altre eccessiva. Rossano Brazzi piuttosto freddo come amante, è abbastanza convincente come giacobino. Rammentiamo, fra le altre, la scena della tortura e lo scatto d’ira contro Tosca che ha rivelato il rifugio di Angelotti. Michel Sjmon è uno Scarpia freddo e inesorabile, chiuso in una ferrea maschera d’impassibilità. Avremmo preferito al suo posto Jouvet. Ottime le architetture del Michelangelo e del Bernini. Bene anche Castel Sant’Angelo e Roma in genere.
Osvaldo Scaccia (Film n. 6, febbraio 1941)