Gennaio 1949. Molte cose — e disparate — si son dette e si dicono su La terra trema di Luchino Visconti. Si è parlato di « cupi rancori tra classi sociali », di « rifacimento libero e marxista de I Malavoglia di Verga ». Alberto Mondadori, inoltre, scrive: « Con quella lealtà a cui sempre abbiamo cercato di improntare le nostre cronache cinematografiche, dobbiamo chiaramente scrivere, acciocché non suscitino dubbi o equivoci, che il film di Luchino Visconti è quanto di più inutile e di più falso ci sia accorso di vedere in venti anni di cinematografia italiana » (Tempo, N. 27). Ammessa la lealtà, e quindi l’intima sua esigenza di « chiaramente scrivere », vorrei chiedere a Mondadori se egli ha seguito il cinema italiano del « ventennio ». Non credo. O forse la memoria lo tradisce. Non ricorda Mondadori, o non ha visto, o sentito parlare di certi film e di certi registi? Biancoli, ad esempio, e Borghesio, Brignone, Coletti, Forzano, Gallone, Giannini, Gramantieri, Malasomma, Mattoli, Neufeld, Righelli. L’elenco potrebbe certo continuare. Sono nomi legati a film come La maestrina, Due milioni per un sorriso, Gli uomini sono ingrati, Pierpin, Le due orfanelle, Grattacieli, Principessina, Dopo divorzieremo, Il pirata sono io, Cento lettere d’amore. E, si badi, ho citato opere che nulla hanno a che vedere con la politica del « ventennio ». I dubbi e gli equivoci che Mondadori vuole togliere o chiarire ai lettori, evidentemente sono in lui. Non confondiamo: tra le principessine i grattacieli i pirati le lettere d’amore e La terra trema c’è una certa differenza, e non solo sul piano politico.
E andiamo avanti. Dopo il grande settimanale, il quotidiano a grande tiratura. Su un recente numero del Corriere dell’Informazione, Lan afferma che la poesia di La terra trema è una « poesia vissuta dal di fuori, esteriore », nata dalla « bellezza di certi fotogrammi, ossia dall’abilità del tecnico e dal contributo di nostro Signore, fornitore del paesaggio ». Si rassicuri, l’amico Lan, il Signore non c’entra con il paesaggio di La terra trema: c’entra semmai il regista, vero signore di ogni opera cinematografica. Il mare i pescatori la famiglia di L’uomo di Aran sono di Flaherty e non di Dio: sono elementi e materiale umano che un poeta, il quale pensa vede e si esprime per immagini visive e sonore, muta in una nuova realtà: un film nasce, tra l’altro, da inquadrature, da sequenze e dal montaggio. Altrimenti noi tutti, volendo, saremmo tanti Flaherty.
E per finire il campionario, ecco quanto scrive un quindicinale « corporativo »: « Come film (La terra trema) è veramente un esperimento mancato. Non ci sono Luchini che tengano. È un film fallito, mal fatto, errato nelle fondamenta. Il film significa qualcosa di più che pellicola impressionata. Significa più che belle fotografie da cartoline illustrate. Significa molto, ma molto di più ». Ed ecco la grande, e invero estrosa spiegazione: « Significa qualcosa che si passa in una macchina di proiezione, in una sala più o meno bella, dove all’ingresso sta un uomo che taglia un biglietto che prima ancora si era dovuto acquistare presso una cassiera. Perché un film sia un film occorre che la cassiera venda i biglietti, l’uomo li stracci e la sala sia piena. Il tutto si chiama sala cinematografica. Un film perché sia tale deve passare in una sala cinematografica e deve rimanere veri giorni ad incassare dei danari ». I commenti e le correzioni, guasterebbero in questo caso, ogni bellezza di stile e di contenuto. Dirò soltanto che il quindicinale è Intermezzo e che l’articolo è siglato e. f.
Ha ragione Mondadori: « forse la politica ci ha messo lo zampino ». Ma la politica non ha nulla a che vedere con il premio assegnato a La terra trema (il « critico » del Tempo ha addirittura parlato di « scandalo »), bensì con le riserve e gli incondizionati elogi fatti al film. Molti critici hanno così denunciato i loro pregiudizi e l’incapacità — voluta o no — di saper scindere il giudizio artistico da posizioni ideologiche: si può semmai dissentire da un tema, ma non proibire all’artista o all’artigiano di fissare una propria visione del mondo. E mancanza non meno grave hanno commesso anche tutti coloro i quali, anteponendo ogni cosa a questo tema, hanno parlato di opera perfetta e di capolavoro. Ha ragione Lan: « Bisogna fare attenzione, amici: altre le cose che ci fanno piacere, altre quelle che sono. Atteniamoci a quelle che sono ». Ma, almeno per me, queste cose, le cose « che mi fanno piacere », consistono appunto — al di fuori di ogni considerazione politica — in quei valori stilistici e corali di cui si parla nella menzione fatta dalla giuria nell’assegnare a La terra trema uno dei tre premi internazionali. La validità maggiore di Ossessione (ricordate?: gli stessi appunti, le stesse stroncature motivate da ragioni ideologiche e contingenti), consisteva nell’aver dato l’avvio al neorealismo italiano, in una tentata fusione di elementi formali e contenutistici. Ora, La terra trema, con tutti i suoi difetti, indica nuovamente le vie a questo neorealismo: quelle dello stile. Ossessione, nonostante le stroncature, è già passato nella storia del nostro cinema. Altrettanto avverrà per La terra trema.
Anche un giornale democristiano, si attiene alle « cose che sono ». La Sicilia del Popolo (26 settembre) in un corsivo di prima pagina scrive tra l’altro: « la polemica, da un piano giusto, sul quale poteva essere proficuamente continuata, è scivolata un gradino sotto al conveniente, al punto di oltrepassare, disinvoltamente, i limiti del buon senso… ». E termina… chiedendo al Governo regionale una cosa davvero piccina, di vietare la programmazione di La terra trema « almeno in Sicilia ». Per finire citerò La Fiera Letteraria (10 ottobre): « Come convincere la gente che un’opera d’arte non può mai essere una diffamazione? Che un’opera di arte torna sempre a gloria del popolo che la ispirò ».
g.a.
(Sipario)