Parigi, novembre 1958. Avenue Gabriel, le otto di sera. Il po’ di vento solleva stormi di foglie morte, intorno all’obelisco di Place de la Concorde; comincia il carosello dei tassì, i marines di guardia all’ingresso dell’Ambasciata americana rabbrividiscono al primo freddo dell’autunno parigino. Nell’atrio del teatro des Ambassadeurs, le luci sono accese; in un angolo tre o quattro persone parlano a bassissima voce, come in una veglia funebre, e si muovono camminano a passi brevi, in punta dei piedi. In sala, sul palcoscenico, sta provando monsieur Visconti: guai a chi fa rumore. A un certo punto, da una delle scale, che dall’atrio portano alle balconate, scende lentamente Lars Schmidt; il gruppo tace del tutto e sembra che si appiattisca contro una parete. Lo svedese è biondo, elegantissimo, giovane: più  giovane e magro di quanto non apparisse nelle prime fotografie che lo ritraevano con Ingrid Bergman, di cui sarà il terzo marito appena l’attrice avrà ottenuto l’annullamento del matrimonio con Rossellini. Schmidt rivolge attorno uno sguardo freddo, dietro gli occhiali d’oro, infila sull’abito di grisaglia grigia un soprabito nero col bavero di velluto, poi fa un cenno di saluto con la mano ed esce. Dal gruppo salta fuori un giovane sui vent’anni, un giovane attore: salito qualche gradino delle scale appena scese da Schmidt, ridiscende mimando l’impresario svedese. Ne imita l’andatura eretta, il passo sicuro, lo sguardo distaccato, il pallido gesto di saluto: è perfetto. Tutti ridono, anche Jean Marais che intanto è uscito dalla sala. La prova è finita, le voci si alzano. Marais intravede dietro i vetri, fermo accanto alla Dauphine rossa che egli usa per venire al lavoro, un giovane uomo che gli fa cenni con la mano; esce, i due salgono a bordo, l’auto si allontana. Intanto appare Annie Girardot, poi — la barba di due giorni, il cappotto chiuso sino al collo, l’aria stanchissima — Visconti.

Così, ogni sera dal 14 ottobre, si interrompono per un’ora, il tempo di cenare, le prove di Deux sur la balançoire, la commedia di William Gibson che Visconti mette in scena per Lars Schmidt agli Ambassadeurs, e che rappresenta il suo esordio alla ribalta parigina.

Schmidt cercava da tempo di combinare una produzione teatrale con Visconti come regista; ma solo quest’anno, e dopo che vari tentativi  erano andati falliti, vi è riuscito. Si cominciò due anni fa, con Largo viaggio verso la notte di O’Neill, che avrebbe avuto come interprete femminile Edvige Feuillère. Letto il testo, Visconti propose alla vedova e curatrice dell’opera letteraria del commediografo americano un lungo taglio, che avrebbe ridotto di circa un’ora la durata della rappresentazione. Mrs. O’Neill rifiutò. Schmidt chiese: « Allora? », e Visconti disse: « Allora facciamo un bel Goldoni: La vedova scaltra ». Schmidt accetta e la Feuillère, che intanto ha letto la traduzione francese, è entusiasta; si sta cominciando a parlare di date, di scenografie eccetera, quando una mattina vengono a sapere che una compagnia universitaria sta andando in scena, in un piccolissimo teatro di Parigi, proprio con La vedova scaltra. Progetto accantonato, stagione che passa. Visconti scrive da Roma a Schmidt: « Faccio La donna del mare con la Bergman », e la Bergman risponde: « Magari, ma ho tre film quest’anno e tre l’anno venturo ». Finalmente quest’estate, presi gli accordi per l’edizione italiana di Angelo, guarda il passato, di cui è per un terzo il produttore, Schmidt propone a Visconti di dare anche a Parigi la riduzione del romanzo di Wolfe. L’interprete? Ce n’è una adattissima, Gaby Morlay. Trattative, telegrammi, telefonate, niente: la Morlay non vuol fare la parte di una donna sui cinquant’anni, si sente troppo giovane. Sicché tutto sembrava dover andare a monte anche per quest’anno, quando Schmidt, che intanto aveva comprato i diritti francesi di Due sull’altalena, il maggior successo di Broadway dell’anno scorso, offre a Visconti la commedia e due interpreti d’eccezione: Jean Marais e Annie Girardot, un’attrice che viene dalla Comédie e che a Parigi considerano come una nuova Feuillère. Visconti accetta, e il cartellone della grande stagione teatrale parigina si arricchisce di uno spettacolo per il quale l’aspettativa è enorme.

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Visconti ha subito imposto il suo metodo di lavoro: due settimane di “lettura” del testo prima di fare un solo passo sul palcoscenico, poi le prove vere e proprie, meticolose, lunghe, sfibranti. Ricorda le due parti della commedia battuta per battuta, suggerisce ogni gesto, ogni passo, ogni movimento. Della giovanissima Girardot è entusiasta: « Un’attrice eccezionale: così intelligente e moderna nei mezzi da far pensare che la scena francese s’è assicurata per moltissimi anni ancora una stella della grandezza di Edvige Feuillère, della Morlay, della Presle. Quanto a Marais, il lavoro sulla sua recitazione è stato più duro di quanto non m’aspettassi. Marais è un grosso attore; ma per molti anni, tra il repertorio di Cocteau prima e poi di Corneille alla Comédie, il suo registro è stato un po’ troppo estetizzante, teatrale in una dimensione di gusto che non considero affatto moderni. Gli ho chiesto lo sforzo di una revisione e lo ha fatto. Del che gli sono molto grato, naturalmente ».

I giudizi di Visconti sul teatro francese sono senz’altro positivi. Il livello intellettuale dell’ambiente è molto alto, gli attori, i direttori di teatro, gli scenografi, sembrandogli più preparati e professionalmente impegnati di quanto non sia possibile vedere in Italia dove, a parte un gruppo di giovani che rappresentano la punta avanzata della cultura teatrale, lo standard è piuttosto basso.

Quando avrà terminato di mettere in scena Due sull’altalena, Visconti dovrà esaminare una proposta giuntagli in questi giorni. La proposta è di fare la regia di un’operetta di Louise de Vilmorin che andrà in scena a gennaio al teatro Athénée. A primavera dovrebbe cominciare Rocco e i suoi fratelli, il film che ha scritto con Suso Cecchi D’Amico e Vasco Pratolini. La storia di una famiglia lucana che si trasferisce a Milano per cercarvi lavoro e fortuna e trova invece, in un viluppo di vicissitudini, lo scoramento e la morte. Una specie di tragedia moderna, Visconti dice (poiché alla fine uno dei componenti della famiglia, il figlio più piccolo, tornerà al paese nel Sud): « Qualcosa come i Malavoglia al contrario ».

Sandro Viola
(Settimo Giorno)