La commedia di Cecov data a Roma è un modello di ricostruzione dei costumi del 1901

Roma, 8 gennaio 1952

Il bilancio di quanto è occorso alla preparazione di Tre sorelle di Anton Cecov, rappresentata dalla Compagnia Stabile di Roma con la regia di Luchino Visconti, si riassume in questi dati: due mesi di prove, il Teatro Eliseo chiuso per dieci giorni, attori, elettricisti e macchinisti sottoposti nell’ultima settimana a un lavoro che spesso si è protratto fino alle quattro del mattino.

La commedia, scritta per il Teatro di Arte di Mosca nel 1901, esigeva un notevole apporto decorativo. Ambientarla in quell’epoca voleva dire provvedersi di una messinscena e di costumi adeguati, dagli abiti delle donne, alle casacche dei servi, alle divise militari. In questo senso Tre sorelle è apparsa un modello di ricostruzione. Le scene architettoniche di Franco Zeffirelli, e i costumi bellissimi di Marcel Escoffier, offrono il perfetto quadro visivo di una casa piccolo-borghese della fine del secolo. Ambiente provinciale la cui suggestione è accresciuta dalla scelta delle tappezzerie, dei tendaggi e delle tovaglie: arricchita di cento oggetti, per così dire storici. La ricerca puntigliosa di Luchino Visconti, evidente in ogni particolare, dai servizi da tavola ai lumi a petrolio, ai soprammobili e ai portaritratti, si è spinta fino all’orologio da tasca del vecchio medico militare Cebutykin.

Simili allestimenti possono correre il rischio di fare opera decorativa fine a se stessa o, nei casi migliori, parallela alla commedia. Nella esatta tonalità dell’ambiente, Visconti voleva invece trovare la premessa indispensabile alla liberazione della intimità apparentemente semplice, ma nella sostanza assai difficile e complessa, in cui risiede il segreto massimo di Tre sorelle: capolavoro singolarissimo al quale Cecov era pervenuto senza scostarsi dal cammino intrapreso con Il gabbiano e Zio Vania.

(…)

Visconti ha il grande merito di non aver dato la preferenza a nessuno dei possibili significati di Tre sorelle e di aver voluto che il senso complessivo della commedia emergesse dal rispetto filologico a Cecov quanto dalla normalità della recitazione. Nessun grande gesto, ma anche nessuna frammentarietà. Gli attori della Stabile di Roma (a Rina Morelli e Paolo Stoppa si sono aggiunti Sarah Ferrati, Elena Da Venezia, Memo Benassi e Sandro Ruffini, tutti eccellenti ma nessuno dei quali tenta di prevalere sugli altri: concetto cui rispondono con bellissimo impegno anche Rossella Falk, il De Lullo, il Tedeschi, il Mastroianni, Aristide e Tullia Baghetti, e gli interpreti minori), sullo sfondo di cui si è detto in principio, hanno dal canto loro contribuito a un saggio di grande trasparenza e partecipato come meglio non si saprebbe ad una concertazione di raro equilibrio.

Raul Radice
(L’Europeo)