Novembre 1947

James M. Cain può essere contento della cinematograficità dei suoi romanzi e dei suoi racconti. È oggi certamente lo scrittore più in voga a Hollywood e le riduzioni cinematografiche delle sue opere letterarie (anche di un solo racconto) vengono pagate centinaia di migliaia di dollari , costituendo per i produttori un investimento sicuro per film di grande successo.

Ma quel che è capitato al suo noto romanzo Il postino suona sempre due volte non si era mai verificato finora nella storia dei rapporti tra cinema e letteratura. Nel giro di pochi anni, dal 1939 al 1946, sono stati realizzati ben tre film con soggetto tratto da questo romanzo di Cain: ma i tre film, prodotti in tre Paesi diversi, sono tutt’altro che simili, anzi presentano tali caratteri particolari da dare a ciascuno la sua propria originalità, pur permettendo ogni avvicinamento e confronto, quanto mai interessante, soprattutto tenendo conto dello spirito del romanzo.

Il primo dei tre film è stato girato in Francia nel ’39 da Pierre Chenal col titolo Le dernier tournant. Gli interpreti erano Corinne Luchaire, Fernand Gravey e Michel Simon e l’ambientazione era molto “alla francese”, tono “bassifondi”. Il film non è mai stato proiettato in Italia (1) e non lo sarà probabilmente mai, dato che la Luchaire, distintasi durante la guerra come spia nazista, è stata condannata, tra l’altro, all’indegnità nazionale e i suoi film non possono circolare.

Il secondo film, realizzato in Italia nel ’42, è il notissimo Ossessione di Luchino Visconti. Interpreti (resi celebri in quei loro personaggi): Clara Calamai, Massimo Girotti e Juan de Landa. Tutti ricorderanno il tono violentemente realistico di Ossessione, le molte polemiche e censure da esso suscitate. Intere sequenze sono state soppresse per ragioni di moralità.

Il terzo film, realizzato a Hollywood lo scorso anno, avrà lo stesso titolo del romanzo e sarà presentato tra breve al pubblico italiano: il regista è Tay Garnett e gli interpreti Lana Turner, John Garfield e Cecil Kellaway. L’ambientazione è molto “all’americana”, tono convenzionale. Tutto lucido, tutto pulito, tutto comfort. I personaggi non sono mai spettinati, commettono delitti in abito bianco con vestiti sempre stiratissimi e mai sporchi. La lurida trattoria degli altri due film è diventata un ristorante moderno, con frigidaire e radiogrammofono gigante. Il vagabondo che arriva è in doppio petto su misura e ha le scarpe lucide.

I confronti tra i tre film nascono spontanei: il regista francese e quello italiano si sono impadroniti della vicenda drammatica di Cain, trasferendola, con le rispettive sensibilità, nei “loro” ambienti, con i “loro” uomini. Il regista americano, invece, più che della sua sensibilità ha usato della sua consumata abilità tecnica per non dare al film né un ambiente, né una particolare umanità ai personaggi, per rendere “internazionale” il film.

In altre parole, l’edizione americana è la vera e propria “riduzione cinematografica” del romanzo di Cain: il film italiano e quello francese hanno invece, rispetto all’opera letteraria, una loro indubbia dipendenza e originalità artistica.

Virgilio Tosi
(Tempo)

(1) Le dernier tournant, titolo italiano L’ultima svolta, che doveva essere distribuito dalla Lux nella stagione 1939-1940, non arrivò mai nelle sale italiane e non è rimasta traccia del perché nemmeno nei bollettini di censura disponibili. Nel 1942, il regista Pierre Chenal (Philippe James Cohen) di religione ebraica, fu costretto a fuggire dalla Francia occupata con sua moglie, l’attrice Florence Marly.
A tutt’oggi la versione di Chenal risulta inedita in Italia.