La terra trema di Luchino Visconti — presentato ora al pubblico in proiezioni di spettacolo normale — è uno di quei film sui quali ogni discussione è possibile: e molto se ne è già discusso, segno che si tratta di un’opera viva e importante. Visconti aveva sempre pensato a un film sui pescatori di Acitrezza ispirato alla vicenda dei Malavoglia. L’altra opera di Visconti, Ossessione, può anche essere considerata una prova generale per il Film, con la effe maiuscola, che il regista intendeva realizzare poi. Ossessione era già uno studio sulle passioni e le ambizioni dei poveri, lirico in molti parti, carico di sensualità e brulicante di reminiscenze culturali in molte altre. Il film ispirato ai Malavoglia doveva certo essere privo del « giallo » e della tessitura letteraria evidenti in Ossessione, portare uomini e ambiente all’ideale condizione di natura: i personaggi di Ossessione infatti erano pieni di tanta ultima letteratura americana, erano uomini e donne abituati a frequentare la città, a viaggiare in camion e in treno, a commuoversi al cinema; quelli della Terra trema conoscono solo il loro paese e il mare.
Il problema sociale e umano che sta a cuore a Visconti è riassunto così nei suoi termini più elementari: gli sfruttati e gli sfruttatori della Terra trema non hanno mai letto Cain e Caldwell e tanto meno Verga e mai ascoltato i comizi di Bitossi o di Di Vittorio. Sono creature senza echi, né palesi né nascosti, cera vergine su cui è possibile lasciare una impronta qualsiasi. Come li ha « segnati » Visconti? Artista prima che uomo di parte, egli si è appassionato soprattutto della questione umana e perciò ha svolto la tesi in modo tutt’altro che ortodosso dal punti di vista staliniano. Come potrebbe Togliatti dare l’imprimatur a un film in cui il protagonista non ha nessuna coscienza della solidarietà di classe, ma si ribella agli sfruttatori solo in nome di se stesso e della propria famiglia? Un regista sovietico — non è difficile da indovinare — avrebbe portato ‘Ntoni a creare una cooperativa, a tentare o a dare una soluzione collettivistica del problema, pena la « scomunica ».
Visconti è troppo intelligente per non badare alla coerenza psicologica dei personaggi al di là di ogni schema politico preconcetto, e non ha commesso quindi il grossolano errore che un regista sovietico avrebbe, o avrebbe dovuto commettere. Nella Terra trema la C.G.I.L. non interviene: il film è una storia, semplicissima, di uomini, i più rassegnati e uno no. Perciò, se l’opera ha dei difetti, — e ne ha, oltre ai pregi eccezionali — non crediamo si debbano ricercare nel fatto che il regista ha simpatia per un determinato partito politico.
Visconti è convinto che La terra trema sia il migliore film italiano girato fino ad oggi e probabilmente gli si dovrà dare ragione, anche se può apparire opera dura, disuguale, ora squadrata con l’accetta, ora rifinita con il bulino, con parti in cui la sobrietà finisce per essere civetteria, altre ridondanti, e altre infine, in cui domina un gusto quasi sensuale dell’immagine (ad esempio il motivo di Ossessione della donna che alla finestra si pettina i capelli lunghissimi è ripetuto qui più volte con lievi modificazioni). Tuttavia questi sono sempre difetti per eccesso — di esperienza e di sensibilità — e non alterano la bellezza dell’insieme che è grande e la si può apprezzare anche nell’edizione ridotta per le normali programmazioni. Visconti, che anni fa sostenne, se ricordiamo bene, in un articolo sulla rivista Cinema, la sua predilezione per un « cinema antropomorfico », nella Terra trema ha pensato innanzi tutto agli uomini senza concedersi inutile preziose divagazioni sul paesaggio che è presente solo perché è là dove sono presenti i personaggi (al contrario di tanti registi neo-veristi per i quali l’uomo è piuttosto un’occasione pittoresca, un motivo passeggero).
Con infinita solennità, con il rispetto dovuto agli umili, alle loro fatiche, anche ai loro errori, Visconti ha raccontato la storia di ‘Ntoni, della sua famiglia, della sua umile ribellione, dei pescatori del paese, caricando un po’ le tinte solo nei personaggi degli sfruttatori, i commercianti di pesce. Il linguaggio di Visconti è quasi sempre estremamente pudico: anche gli amori dei protagonisti sono tenuti su un piano idillico piuttosto che passionale (mentre in Ossessione la febbre dei sensi era a una temperatura tanto più alta). Le immagini, le sequenze, hanno una loro scioltissima e maestosa architettura, senza tanti fronzoli ornamentali, secondo i modelli dei grandi registi russi (in Ossessione invece si avvertivano gli insegnamenti di un Renoir o di un Carné). Nei personaggi e negli episodi della Terra trema veramente c’è tanta forza espressiva quanta non se n’era ancora vista in un film italiano: bisognerà proprio dare ragione a Visconti.
Lamberto Sechi
(La Settimana Incom Illustrata, 17 giugno 1950)