Prima visione al cinema Capitol di Milano: 22 febbraio 1962.
L’antologia è stata guardata da tutti con molta curiosità e interesse, ma solo pochissimi l’hanno accettata con pieno entusiasmo, senza riserve. Gli appunti che ricorrono con maggiore insistenza sono quelli relativi alla spropositata lunghezza del film (e alla stanchezza che qua e là essa provoca) e alla poca aderenza di alcuni degli episodi al tema suggerito dal titolo. Dei quattro episodi quello che ha ottenuto il maggior numero di preferenze è il quarto, La riffa, diretto da De Sica; molti si sono schierati a favore di quello di Fellini, e non è mancato chi ha dato il primo posto nella graduatoria di merito ai racconti di Visconti e di Monicelli. Esaminiamo ora le critiche episodio per episodio.
Renzo e Luciana, di Mario Monicelli. Garbato, delicato, un poco tenue. Qualcuno lo loda come l’unico dei quattro episodi che affronta un problema del mondo moderno, un tema realista, ma i più lo accusano di essere arrivato su tale tema dopo Il posto di Olmi e I nuovi angeli di Gregoretti, e con minor vigore, con una vena patetica un poco piccolo borghese. Qualche energico taglio non gli avrebbe fatto male, affermano alcuni.
Le tentazioni del dottor Antonio, di Federico Fellini. Una satira d’alta classe, un grottesco in cui il regista ha dato libero sfogo alla sua fantasia barocca, alla sua straordinaria capacità di “fare spettacolo”. Assai divertente, perché si avverte che il regista si è divertito a farlo, notano Bianchi e Moravia. Non tutti però sono d’accordo su questi giudizi positivi, e rimproverano Fellini d’essersi lasciato scivolare « dalla satira alla farsa, di aver superato i confini del buon gusto, di essersi abbandonato ad un surrealismo di bassa lega » (Biraghi). Anche per questo episodio molti suggeriscono che qualche taglio, specie nella seconda parte, la peggiore, sarebbe stato salutare.
Il lavoro, di Luchino Visconti. « Sembra un dipinto fiammingo con le figure minuziosamente studiate, con gli ambienti accarezzati nei loro minimi particolari e nei quali le suppellettili hanno lo stesso valore figurativo dei personaggi » scrive Bianchi. E tutti sono d’accordo con lui nell’apprezzare la raffinatezza, l’eleganza dell’episodio, la cura scrupolosa dell’ambientazione. Non ugualmente d’accordo, invece, si mostrano alcuni critici sul risultato narrativo, sulla piena riuscita di questo breve e amaro ritratto di una coppia aristocratica in un momento di crisi.
La riffa, di Vittorio De Sica. Festoso, divertente, popolaresco, ma un tantino chiassoso e bozzettistico, La rifa è l’episodio che ha suscitato minori divergenze di vedute tra i critici e che è piaciuto di più al pubblico. Qualcuno vi ha visto una variazione romagnola del tema della pizzaiola nell’Oro di Napoli. Tutti lo trovano il più aderente allo spirito suggerito dal titolo, ove si voglia dare al termine boccaccesco il suo senso più comune. Unanimi lodi alla recitazione della Loren, fresca, prepotente, vitale, travolgente: una forza della natura.