La morte di Luchino Visconti ha suscitato enorme commozione nel mondo culturale romano. Pubblichiamo alcune dichiarazioni di registi, di scrittori e di personaggi del cinema raccolte nella capitale poco dopo la morte del grande regista:
ALBERTO MORAVIA
«Visconti è l’uomo che da una classe al tramonto guarda con simpatia e con invidia a una classe che sorge: così come gli austriaci in Senso guardano il risorgimento, così come i borghesi siciliani ne La terra trema guardano il popolo e i borbonici i liberali nel Gattopardo».
MICHELANGELO ANTONIONI
«E’ quasi troppo facile dire che la morte di Luchino Visconti rappresenta una grande perdita per il cinema, non solo italiano, e per la cultura in generale. Visconti è stato infatti un maestro per quelli della mia generazione. Sentiremo la mancanza, non soltanto delle sue opere, ma soprattutto della sua figura, un pilastro che ancora reggeva tutta la nostra produzione cinematografica. Negli ultimi tempi, si sapeva che Visconti non tollerava la sua condizione di malato e per questo, forse, desiderava morire. Questo aspetto è quello che mi sconvolge più di tutto, soprattutto ora, che questo suo desiderio si è purtroppo avverato».
NATALIA GINZBURG
«Vidi per l’ultima volta Luchino Visconti forse due anni fa, a una prima di una commedia di Pinter che egli aveva diretto. Era là nel palco, già molto malato. Fu ammirevole il coraggio con il quale affrontò la malattia. L’idea che fosse sempre là al lavoro dava coraggio e vita a noi tutti. Fra i suoi film, quello che amo di più è Senso, ma rividi tempo fa Ossessione alla televisione, e mi parve bello e sempre vivo. La sua morte mi addolora profondamente».
UMBERTO ORSINI
«È il primo grande vero amico che perdo nella mia vita. Sono pertanto sbigottito e allucinato dalla notizia che Visconti non c’è più. Ho lavorato molte volte con lui e ora lo ricordo come un grande maestro di vita, soprattutto, ma anche come maestro di pratica d’arte. È stato un grande insegnamento il suo, anche sul piano umano: la sua reazione alla malattia è stata esemplare. Dopo il male che lo aveva colpito, infatti, non si è mai fermato; si è ripreso, ha voluto vivere ancora per il teatro e per il cinema, continuando a studiare e a produrre. Proprio in questi giorni stava montando il suo ultimo film, nonostante che le sue condizioni fossero precarie».
CLARA CALAMAI
«La notizia mi sconvolge perché, oltre che stimarlo come grande maestro, gli volevo molto bene. Nello scorso gennaio, in occasione della presentazione di Ossessione alla Tv, avevo ricevuto un mazzo di dodici rose con il seguente biglietto: “Carissima Clara, questa sera penserò tanto a te, a noi e a Ferrara. Un caro abbraccio”. E questo è l’ultimo ricordo di quello che considero il più sensibile autore della nostra generazione. Nonostante il dolore che provo per la sua scomparsa, mi viene da considerare, comunque, che ha fatto una bella morte perché ha lavorato sino all’ultimo momento».
FRANCESCO ROSI
«C’è qualcosa che può rendere meno acuto il dolore della scomparsa di Visconti: la certezza che egli sia riuscito a terminare il suo ultimo film tratto da L’innocente di D’Annunzio. Il fatto che Visconti fosse nella fase ultima del suo lavoro dà quasi un senso di tranquillità. Per lui il lavoro costituiva tutto. L’idea che un estraneo potesse completare una sua opera lo avrebbe fatto soffrire enormemente. Visconti era di una ricchezza d’animo, di una generosità senza pari. Ho cominciato il mio lavoro con lui in La terra trema che fu un’epopea, un’avventura. per noi tutti e per lo stesso Visconti. Lui ha sempre dato opportunità ai giovani di incominciare e in quel film aveva inventato tutto: le battute, giorno per giorno, l’operatore, l’aiuto regista. In quella grande opera il neorealismo diventava realismo, perché Visconti riuscì a assumere una posizione critica nei confronti della realtà».
DACIA MARAINI
«Per me Visconti rimane legato soprattutto a Ossessione, l’unico film che ho potuto rivedere quattro volte con lo stesso gusto. In generale dei film di Visconti preferisco quelli più duri, più realistici. Tra i registi italiani, inoltre, Visconti è uno dei pochi che ha trattato la donna con rispetto e senza ruffianeria».
ALESSANDRO BLASETTI
«In questo momento non posso che rilevare il profondo dolore per essere sopravvissuto a Visconti. La grandezza di questo uomo di cinema e di teatro è molto chiaramente espressa dalla forza con cui ha saputo superare il male che lo colpì alcuni anni fa. La volontà e la dignità con le quali reagì sono di per se stesse segno di un alto livello, di un’aristocrazia umana. La morte, ora, lo addita come esempio. E può darsi che la morte stessa produca un suo frutto nei riguardi delle giovani generazioni, come esempio di tenace impegno e attaccamento al lavoro».
CLAUDIA CARDINALE
«Devo molto, anzi moltissimo, a Luchino Visconti che mi ha diretta in quattro film: Il gattopardo, Rocco e i suoi fratelli, Vaghe stelle dell’orsa e Gruppo di famiglia in un interno. Luchino Visconti mi ha insegnato che cos’è il lavoro di attrice nel cinema, in quanto io mi ero avvicinata al cinema senza alcuna esperienza e devo riconoscere che aver lavorato con lui è stato per me una grande scuola. Inoltre io credo di essere stata l’unica donna ad aver mantenuto un certo tipo di rapporto con Visconti al punto tale che mi rivolgevo a lui per ottenere consigli ogni qualvolta stavo per cominciare un nuovo lavoro».
MARCO FERRERI
«Ho appreso la notizia alle dieci. Non ero amico di Visconti, ma vedevo tutti i suoi film. Era un uomo talmente importante non solo nel cinema ma in tutta la nostra vita che per esprimere un giudizio su di lui ho bisogno di riflettere a lungo».