14 marzo 1963. Titanus: 119 licenziamenti. Documento dei sindacati: «La riorganizzazione della società non può essere pagata con questo sacrificio – Una nuova politica per il cinema italiano».

La situazione della società cinematografica Titanus sta precipitando? Le dichiarazioni del suo presidente, Goffredo Lombardo e le notizie diffuse nei giorni scorsi hanno già tracciato un quadro sufficientemente allarmante della situazione.
Ieri, purtroppo, hanno trovato conferma le voci secondo le quali la « Titanus » inizierebbe, da domani, il licenziamento di una considerevole parte del personale. Si tratterebbe di una operazione su larga scala, della quale sarebbero vittime 119 dipendenti della società produttrice.
Secondo quanto ci è dato sapere, le lettere di licenziamento sono già state firmate e saranno spedite forse nella giornata di oggi. Il licenziamento dei 119 dipendenti avverrebbe in tre scaglioni.
Il provvedimento, come è chiaro, verrebbe a creare una situazione pesantissima per altrettante famiglie; situazione che non si giustifica nemmeno con il dichiarato, grave stato della Titanus.
A questo proposito, il Sindacato cinema produzione della FILS (CGIL) ha emesso un comunicato nel quale si afferma che «il Sindacato cinema produzione, di fronte alla richiesta della società Titanus di procedere a 119 licenziamenti nei vari settori delle sue attività, ha deciso di respingere energicamente tale richiesta e ciò per più motivi: in primo luogo — prosegue il comunicato — la attuale riorganizzazione della società Titanus non può essere pagata con il sacrificio di una così ampia parte di lavoratori che tanto, fino ad oggi, hanno contribuito alla costruzione di una delle più importanti case di produzione italiane. Date le dichiarazioni sullo stato della Società, già comunicate dal signor Goffredo Lombardo alla stampa, il sindacato stima possibile e necessario procedere a tale riorganizzazione senza chiedere a 119 famiglie un sacrificio così grave». Dopo avere sottolineato che una misura del genere si ripercuoterebbe negativamente su tutta l’industria cinematografica, il comunicato afferma che «occorre invece attuare misure adequate a restituire alla produzione il ritmo necessario a far fronte ad un mercato interno ed estero che chiede ancora centinaia di film di buon livello, dei quali, particolarmente, la cinematografia italiana può essere in questo momento produttrice.
«Il Sindacato cinema produzione rivolge un appello vivo a esercenti, produttori, autori, tecnici, artisti e alle maestranze, perché sia iniziata una ampia campagna di lotta affinché la politica cincmatografica attuale elimini alcuni suoi persistenti errori e affinché le forze di tutti convergano ad un rapido superamento di alcune incertezze congiunturali».
In effetti, come afferma il comunicato. una soluzione al grave problema deve e può essere cercata; oltre al danno diretto che deriverebbe dal licenziamento dei 119 dipendenti, vi sarebbe un motivo di più per temere che il cinema italiano, indebolendosi, apra completamente le porte al cinema hollywoodiano.

19 marzo 1963. Presa di posizione dei sindacati: La Titanus non deve essere smobilitata.

«Salvare la Titanus!»: con questa parola d’ordine la Federazione italiana lavoratori dello spettacolo (FILS-CGIL) si appresta a dar vita ad una larga, profonda, responsabile azione, che sarà orientata verso il raggiungimento di due obiettivi: l’uno, contingente, che riguarda il futuro della casa produttrice presieduta da Goffredo Lombardo; l’altro, di più lunga prospettiva, teso — al di la dell’immediata rivendicazione sindacale — a mutare le strutture di tutto il cinema italiano.
Tale orientamento è scaturito domenica mattina da una affollata assemblea svoltasi presso la Camera del Lavoro e alla quale hanno partecipato tecnici, maestranze, impiegati della Titanus e rappresentanti sindacali degli altri settori dell’industria cinematografica. La relazione è stata tenuta da Angeli, della segreteria della FILS. Egli ha illustrato la situazione della Titanus, situazione che appare niente affatto rassicurante. Gli Istituti di credito hanno infatti chiesto di inventariare i beni della società. Il presidente Lombardo, per garantire maggiormente le banche, avrebbe fatto inventariare anche i beni personali.
Perché la Titanus è giunta sull’orlo della crisi? In risposta a questa domanda, Angeli ha elencato una serie di motivi. Uno di questi è la produzione di film di costo eccessivo, come Sodoma e Gomorra — cinque miliardi circa — del quale lo stesso Lombardo ebbe a dire «È stato il mio errore». Ci sono, poi elementi di carattere generale. La politica dell’AGIS (esercenti) e dell’ANICA (industria cinematografica) riguardo alla distribuzione ha per esempio portato ad un restringimento del pubblico, concentrando nelle grandi città le «prime visioni» e applicando prezzi eccessivi.
Tornando alla Titanus, Angeli ha affermato che neppure con la vendita degli stabilimenti della Farnesina e della Scalera, la società riuscirebbe a coprire il proprio deficit. Si delinea, tra l’altro, una operazione ricattatoria da parte degli acquirenti degli stabilimenti; essi, avendo conoscenza delle condizioni della Titanus, mirerebbero a impadronirsi della Farnesina pagando un prezzo di molto inferiore al valore degli impianti. La Titanus, nel frattempo, effettuando il licenziamento di 119 dipendenti, otterrebbe un risparmio di circa 300 milioni all’anno. ll sindacato, ha detto il relatore, respinge i licenziamenti per diversi motivi: perché licenziando i 119 dipendenti e limitando le attività della casa alla sola distribuzione, non si salva la Titanus; perché è sbagliato colare a picco una società che ha finora prodotto molti film validi e che, in ogni caso, costituisce una alternativa all’altra grossa casa di produzione la De Laurentiis.
La fine della Titanus, indebolirebbe comunque il cinema italiano, l’unico che riesca ancora a reggere il confronto con la televisione, La quale è pronta ad assorbire nuovo pubblico. sottraendolo al cinema. D’altra parte, appare strano che nessun ente abbia offerto il proprio aiuto alla Titanus. Risulta, anzi, che Lombardo si sia visto chiudere molte porte in faccia. Il che appare sintomatico, trattandosi del produttore che ha realizzato Le quattro giornate di Napoli, il film che ha messo in serio imbarazzo il nostro governo, il quale non ha sentito il bisogno di rispondere ai vergognosi attacchi della Germania di Bonn.
Una condizione essenziale per condurre in salvo la Titanus è, secondo il sindacato, che la stessa società dica chiaramente come stanno le cose, quali sono i problemi più gravi e urgenti, e chieda la collaborazione dei lavoratori. I quali, dal canto loro, attraverso il sindacato reclamano una politica nuova per il cinema italiano. E cioè: il governo deve riconoscere al cinema i diritti e l’importanza di altre forme di spettacolo come la lirica, il teatro e la TV, largamente sovvenzionati (lo Stato costruisce infatti anche gli impianti della TV); il governo deve entrare nell’ordine di idee che il cinema è un prodotto culturale (oltre che una industria nella quale sono impiegati 3000 lavoratori) e deve provvedere alla immediata detassazione (nonostante il ristorno, sono sempre 15 i miliardi di diritti erariali che restano nelle casse dello Stato); il governo deve provvedere all’intervento diretto attraverso l’IRI, l’EUPALS e altri Enti che possano garantire i fondi alla cinematografia, senza chiedere contropartite di carattere ideologico. Una funzione particolare dovrà essere delegata agli enti di Stato come Cinecittà, anche nella fase della distribuzione.
Giovedì avrà luogo un incontro tra il sindacato e l’ANICA e, subito dopo, un incontro con il presidente della Titanus. Dai risultati dell’incontro, conseguiranno le decisioni per l’azione futura. Che potrà sfociare anche in uno sciopero generale nella industria cinematografica.

27 marzo 1963. Il cinema italiano può e deve essere salvato.

Oggi saranno assegnati i Nastri d’argento ai registi, agli attori, ai produttori, ai musicisti, agli operatori designati dai giornalisti cinematografici italiani. È la festa del nostro cinema. Una festa che quest’anno assume un carattere singolarmente contraddittorio e che oppone una produzione di alto livello, salutata a New York o a Parigi con entusiastici consensi, ad una situazione economica tra le più difficili di questo dopoguerra.
Guardiamo la rosa dei candidati: Salvatore Giuliano, di Rosi; Le quattro giornate di Loy; L’eclisse, dì Antonioni. Tre opere che fanno onore al cinema italiano. E sarà utile ricordare che mentre Loy è anche candidato al Premio Oscar ed ha già in progetto un nuovo film ispirato alla Resistenza, Rosi sta realizzando una pellicola su un problema di scottante interesse, e Antonioni si appresta a dare il via ad un nuovo film. Sugli schermi si proiettano opere cinematografiche come Fellini 8 e mezzo, Il processo di Verona, è entrato in cantiere Il boom, di De Sica e Zavattini. E proprio questa sera sarà proiettato a Roma Il Gattopardo di Visconti.
Singolare contraddizione, abbiamo detto, con la situazione economica del nostro cinema. La Titanus, nonostante le ottimistiche dichiarazioni del suo presidente, Lombardo, si appresta al gran passo di mandare sul lastrico più di cento dipendenti nei prossimi giorni e altrettanti in un secondo tempo. E si tratta, come è ben noto, di una delle più grosse case di produzione italiane e europee, i cui film hanno ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali. Agli errori di politica produttiva, riconosciuti o disconosciuti, la Titanus crede di poter mettere riparo coi licenziamenti o con la alienazione di una parte degli impianti, coinvolgendo così nella crisi anche quei settori che sono largamente in attivo. Anche l’accordo Lombardo-Rizzoli, sbandierato come un sintomo di ripresa, consentirà invece riduzioni di personale in ciascuna delle due aziende.
L’accordo, d’altra parte, potrebbe consentire a Rizzoli di realizzare i suoi prossimi film nei superstiti stabilimenti di Lombardo, sottraendoli a Cinecittà, le cui prospettive sono pure preoccupanti. È noto che Cinecittà non ha un piano organico di lavorazione e che a momenti di frenetica attività (Cleopatra e cose del genere) succedono momenti di carenza produttiva. In un recente incontro con la Commissione interna, il direttore del personale non ha potuto dissipare le voci dì un prossimo ridimensionamento, con la conseguente sospensione dal lavoro di altri dipendenti. È, anche questa, una misura da respingere subito, con fermezza, senza permettere che sia soltanto l’evento elettorale a ritardarne il varo.
Le uniche voci confortanti — ma purtroppo abbastanza equivoche — vengono dalla De Laurentiis, che ha annunciato ieri — per la verità assai in sordina — l’aumento, anzi il raddoppio, del capitale sociale: da 500 milioni (cifra del resto non astronomica) a un miliardo. Mancano i dettagli dell’operazione. che d’altra parte non può essere fatta risalire solo al «progetto Soraya», le conseguenze del quale non possono essere subito risentite. Semmai, l’aumento del capitale può servire ad assecondare la nuova operazione della De Laurentiis, a facilitare il reperimento di nuovi fondi, ad avvicinarsi ad altri mercati. In ogni caso, 500 milioni sono sempre 500 milioni. E la De Laurentiis è anche l’unica ad avere un suo piano produttivo a lunga scadenza: dal Boom alla Bibbia
(ma attenzione ai colossi!), allo Straniero, al gruppo di film progettati da Zavattini.