Parigi 12 marzo 1962
Lo straniero, tratto dall’omonimo romanzo di Albert Camus, sarà uno dei prossimi film di Luchino Visconti. La notizia ha destato viva sensazione a Parigi, dove si sapeva che, per la versione cinematografica dell’opera, la vedova del celebre scrittore francese aveva rifiutato i nomi di numerosi registi propostile da Dino De Laurentiis che detiene i diritti sullo scritto. In genere, la reazione all’annuncio è stata molto favorevole: tutti concordano nell’affermare che l’arte del grande regista italiano si accorda perfettamente a quella di Camus. Su questa sua prossima fatica, Visconti ha concesso una interessante intervista a Raymond Millet, corrispondente da Roma del Figaro Littéraire.
«Questo piccolo libro così importante, non lo tradirò — ha detto il regista. — Voglio rispettarne tutta l’essenza e sottomettermi umilmente al testo. Per fortuna ho tutto il tempo di riflettere. L’approfondirò. Per ora ho da terminare la sceneggiatura del Gattopardo che inizierò a girare in aprile in Sicilia. Sto anche preparando La signora di Monza, tratto da un altro libro pubblicato di recente, che ha avuto un grande successo. Ho da lavorare per oltre un anno…
«Di qui ad allora — ha proseguito Visconti — spero che l’Algeria abbia ritrovato la calma, oltre che l’indipendenza. Lo auguro con tutto il cuore nell’interesse generale, ma anche perché tengo molto, per amore della verità e dell’esattezza, a girare il film non in Marocco, ma negli stessi luoghi in cui visse, uccise ed espiò il giovane Meursault, figlio europeo di quel paese, come lo era il suo creatore. Questo periodo di tempo mi permetterà di lasciar maturare in me le idee che mi sono già venute. Alcune, a mia insaputa, risalgono forse a quando lessi per la prima volta questo romanzo».
«Difficile prova. Lo straniero, questo racconto interiore, non sembra affatto concepito per lo schermo. Il soggetto è un semplice pretesto, i personaggi poco vivi. L’affascinante valore dell’opera è dovuto allo stile, al pensiero e al mito che ha introdotto, il mito dell’uomo assurdo in un mondo assurdo, d’un uomo di cui ci si domanda dove trovi la forza di vivere, lui che vive solo per il soddisfacimento immediato dei sensi e degli istinti, lui che sembra vagamente soffrire di non trovare una giustificazione all’esistenza, mentre non ne ha mai cercata una ed ha anzi respinto ogni mano tesa, ogni vera ragione di esistere. Non è facile riportare tale mito sullo schermo»: questa l’obiezione mossa dall’intervistatore a Visconti.
Il regista s’è detto pienamente d’accordo. Ma. ha osservato, dalla lettura di questo romanzo tutto interiore, appaiono delle immagini ben concrete: la morte della madre di Meursault (il protagonista) e l’indifferenza di questo, l’incontro con Maria Cardona, la notte che prelude al fidanzamento, il succedersi delle scene in luoghi sordidi ma pittoreschi, ed infine la lotta con i tre arabi e l’uccisione d’uno d’essi.
«Penso — prosegue Visconti — che tutta la storia, seguita sin qui dal punto di vista di Meursault, potrebbe esserlo, durante l’istruttoria, la prigionia ed il processo, dal punto di vista di altri personaggi: il giudice, il difensore, l’avvocato generale, i testimoni. Vi sarebbe una riesposizione degli avvenimenti ed una reinterpretazione psicologica. È un’idea che ho al momento. Potrei benissimo cambiarla quando abbia riflettuto più a lungo. In ogni caso mi conformerò alla struttura del libro».
Il processo sarà interrotto da rievocazioni, ritorni al passato, da immagini, insomma, prese fuori dalle assise. Questa tecnica aiuterà a comprendere come Meursault è moralmente innocente nella misura in cui non ha ricevuto quella grazia che potrebbe essere l’inizio della grazia: come sia inviato al penale non tanto per punizione dell’assassinio quanto della sua indifferenza dopo la morte della madre, o meglio del suo congenito e mostruoso rifiuto di aderire al «tutto» delle natura umana.
«Ma ciò che passa nell’anima oscura di Meursault — conclude l’intervistatore — il suo dialogo silenzioso e tanto più terribile con la morte, tutto ciò che è il vero tema di Camus, ossessionato dall’idea della morte, come suggerirlo nel futuro film? Bisognerà che Visconti inventi, dopo Camus, una sua cupa musica dell’invisibile».