Aci Trezza vestita a festa per salutare La terra trema
La vita misera ed eroica dei pescatori siciliani al centro di una grande opera cinematografia

Aci Trezza, 16 maggio 1948

Da sei mesi Visconti con la sua troupe è ad Aci Trezza nel paese dei Malavoglia più che per girare un film — per la cronaca La terra trema — per scoprire un mondo che già Verga aveva scoperto ma voleva essere scoperto perché dai Malavoglia d’oggi ha fatto tutto un sonno e ripropone ancora oggi gli stessi problemi di ieri, più umilianti per il cammino che da quegli anni a quei giorni ha fatto la civiltà.

Luchino è giunto in Sicilia senza copioni e sceneggiature solo con una traccia segnata nel cuore e nell’intelligenza che valeva e vale più di mille copioni inventi perché si è proposta la ricerca della verità, della realtà di questi uomini chiusi per un’angoscia secolare, i quali hanno atteso un incontro per aprirsi alla speranza. Questi incontri possono avvenire, come è avvenuto e avviene ogni giorno, sotto il segno di nuove passioni politiche veramente capaci di trasformare in forza e in progresso la sonnolenza di secoli, ovvero nel segno dell’arte, come questo di Visconti con i « trizzoti ».

Meglio di cento scrittori

« Mi hanno suggerito la vicenda meglio di come avrebbero potuto cento scrittori » mi dice Luchino.

Questa vicenda di Aci Trezza è il primo episodio di un trittico dedicato alla vita di miseria e di lotta dei lavoratori siciliani, che Visconti ha visto nella sua traccia, distinti in pescatori, minatori e contadini. Ad Aci Trezza la lotta di ‘Ntoni contro i rigattieri, padroni del mare e dei pescatori, si chiude con una sconfitta. Anche l’episodio degli zolfatari e destinato a chiudersi in perdita. Ma il terzo, dedicato ai contadini di Polizzello, feudo famoso per le lotte che vi hanno combattuto e vi combattono braccianti contro mafiosi, si chiuderà con la vittoria dei lavoratori, ed essi vinceranno anche per i pescatori e per gli zolfatari.

Nella lotta dei pescatori di Aci Trezza e nel riscoprire la loro miseria, Luchino non ha certo inventato il diavolo. Ma così è parso a qualche zelante custode dell’onorabilità della Sicilia, paladino senza macchia e senza paura, partito lancia in resta con l’appoggio dei giornali conservatori e semifascisti di Catania, spinto dal nobile proposito di provocare un autorevole intervento perché fosse troncato il lavoro di Luchino Visconti.

Minuscoli politicanti di paese hanno scritto lettere ai giornali e a personalità politiche, accusando Luchino Visconti di essere comunista e come tale « nemico naturale della Sicilia ». Tuttavia, l’alto concetto per cui un regista non può essere comunista e l’assurda e cretina proposizione che fa di un comunista un « nemico naturale della Sicilia » non sortirono l’effetto sperato, malgrado qualche intervento autorevole e l’appoggio incondizionato e isterico di una non meglio identificata « Società pro Catania », una specie di « Comitato civico » permanente.

Una sola famiglia

L’eco di questa brillante campagna di stampa, per fortuna e per il buon nome della Sicilia, nata cresciuta e morta a Catania, è giunta anche a Roma.

Ma la campagna è morta senza gloria, principalmente perché ormai Visconti e gli ottocento abitanti di Aci Trezza erano diventati come una grande famiglia decisa a difendere La terra trema.

Si seppe poi che l’innocuo, pur se fastidioso vespaio, aveva origini molto meschine, ed era stato provocato dal risentimento di un assessore di parte qualunquista contro il sindaco di Aci Castello, di cui Aci Trezza è frazione, probabilmente per farlo saltare e guadagnare l’eredità al comune. Il sindaco, un professore democristiano, niente affatto sospettabile di filocomunismo, ha collaborato con Visconti, pronunciando anche un discorso veramente lusinghiero per il « denigratore », in occasione della grande festa popolare, tenuta domenica sera ad Aci Trezza. Alla festa, che è stato il coronamento naturale di questi sei mesi di lavoro, hanno partecipato tutti i tecnici e gli attori, popolani e popolane, nonché un venerando arciprete che in barba ai suoi novanta e più anni ha consumato coscienziosamente i maccheroni al forno, il vitello brasato, l’insalata russa, il dolce, il gelato e la frutta, sebbene alla fine sia stato costretto a lasciarsi trascinare quasi boccheggiante da due pietosi parrocchiani.

Il sorriso di Pandolla

Durante il pranzo, Visconti a capotavola mi è parso proprio un generale che celebra con i suoi soldati l’esito felice di una lunga e dura battaglia. Nella grande tavolata a ferro di cavallo al centro di uno spiazzale a faccia di mare ricco di festoni, palloncini veneziani scritte multicolori, i pescatori e le donne de La terra trema sedevano vestiti dell’abito migliore. C’era la « Baronessa » celebre più per la sua proverbiale ghiottoneria che per le sue, pur considerevoli, qualità d’attrice, c’era Nedda, giovane e malinconica protagonista (il mare è entrato anni fa nella sua casa e ha portato via tutti i mobili e anche il corredo, paziente frutto di anni di fatica), c’era il pescatore Valastro Antonino detto « Pandolla », c’era Carmelo il pescatore « toccato » scemo per un sonno durato in gioventù oltre cinque mesi ininterrottamente, e c’erano Cola, ‘Ntoni e tutti gli altri attori, di una vicenda che è la loro di ogni giorno. Facevano mescolati al gruppo dei tecnici continentali una bella combinazione. Si scambiavano motti e quando cominciarono le danze fu una gara che non vi dico tra i vecchi e giovani a chi resisteva più.

Questo incontro è stato veramente una gioia.

« Il mondo ci vedrà come siamo » mi diceva « Pandolla » e guardava sorridendo Luchino Visconti, generale stanco ma soddisfatto.

« Pandolla » non si vergogna di farsi vedere com’è dal mondo perché non è certo colpa sua se la sua vita, come quella sei suoi compagni, è misera ed è di lotta e di fatica.

Guardai Visconti e a vederlo prigioniero di migliaia di occhi affettuosi mi venne spontaneo di nominarlo, senza paura di errore, sindaco onorario di Aci Trezza.

Gastone Ingrasci’